L’INSEGNAMENTO DELLE CURE PALLIATIVE PRESSO LA HARVARD MEDICAL SCHOOL
“Pensavo che finalmente avrei scoperto cosa è realmente la morte. Pensavo che avrei appreso le parole più adeguate per parlarne. Pensavo che sarei rimasto con le mie domande sulla fine della vita e su come le persone affrontano la morte. Speravo che esistesse un protocollo da
seguire, quando un paziente muore, che mi avrebbe protetto dalla sofferenza e dalla angoscia. Le mie esperienze nel seguire questo corso mi hanno dimostrato che cercare le risposte a questi interrogativi mi avrebbe reso meno-umano”. Dagli appunti di uno studente di medicina della Harvard Medical School. Nelle facoltà di medicina, più di vent’anni fa, l’insegnamento delle cure palliative era in concreto inesistente.
Per oltre mezzo secolo, la terapia sistemica per i tumori è stata caratterizzata dalla somministrazione dei farmaci chemioterapici. La maggior parte di questi farmaci ha lo scopo di inibire o uccidere le cellule in rapida divisione. Essi sono spesso somministrati in dosi singole o brevi cicli di terapia alle dosi maggiori possibili con una modalità denominata 'dose massima tollerata (DMT). La terapia DMT richiede la somministrazione ad intervalli (in genere di 2-3 settimane di durata) tra i vari cicli successivi di terapia. Nonostante l’elevato numero di chemioterapici in uso ed il gran numero di studi clinici intrapresi, i progressi sono stati limitati in termini di guarigione o di prolungamento significativo della la vita dei pazienti con cancro, in particolare in quelli con malattia in stadio avanzato o metastatico. Inoltre, i progressi osservati nel trattamento di alcuni tipi di neoplasia si accompagnano spesso alla comparsa de gli effetti collaterali tossici, che ne limitano l’uso prolungato.
Tra gli effetti collaterali più comuni osserviamo, la perdita di capelli, la mielosoppressione ( diminuzione dei globuli bianchi e piastrine del midollo osseo), i danni all’intero intestino con nausea, vomito e mucosite, oltre a problematiche cardiache, renali, effetti neurologici e sul sistema riproduttivo. Inoltre, molti dei farmaci di recente utilizzo nel trattamento oncologico sono i cosiddetti fattori di crescita ed i farmaci anti-nausea, che vengono somministrati ai pazienti con tumore per ridurre la tossicità indotta dalla chemioterapia. Tali farmaci detti 'di supporto ' comportano un onere finanziario non indifferente, oltre ad avere effetti collaterali propri.
Negli ultimi anni è in corso una rivalutazione delle modalità di somministrazione della chemioterapia. Infatti, oltre ad di utilizzare chemioterapia alle massime dosi tollerate (MDT) intervallate con lunghe pause, per consentire il recupero dal gli effetti collaterali nocivi, vi sono numerosi studi nei quali si somministrano i farmaci a piccole dosi continue e ciò sembra efficace non solo in termini di riduzione della tossicità, ma forse anche per il miglioramento degli effetti sulla crescita del tumore. Questa nuova modalità di somministrazione dei farmaci chemioterapici è denominata "chemioterapia metronomica” che si riferisce alla frequente, talvolta quotidiana, somministrazione di chemioterapici a dosi significativamente al di sotto del MDT, senza interruzioni tra i vari cicli.
Una paziente di oltre 80 anni, con una diagnosi di mieloma, aveva trascorso gli ultimi sette anni nel tentativo di combattere questa malattia con differenti cicli di chemio e radioterapia. Grazie a questo trattamento, la paziente aveva superato di gran lunga le aspettative di sopravvivenza, data l'età ed il tipo diagnosi. Ora nonostante le battaglie combattute, il mieloma sembrava aver vinto e rimanevano scarse possibilità per la paziente di poter vivere a lungo.
Una camminata notturna per portare la morte. È la corsa della "femina agabbadora", consolatrice dei moribondi in Gallura. La donna che batteva le campagne come un’ombra correva lungo i sentieri vicini al mare; arrivata nella casa dove la malattia stava irrimediabilmente consumando qualcuno, con un colpo preciso di martello al capo poneva fine a tutte le sofferenze. Questa donna "finitrice" veniva chiamata alle famiglie in cui c'era un malato o una malata terminale, che soffriva ed era una bocca in più da sfamare e curare, e spesso non si avevano molti soldi. Veniva chiamata da un membro della famiglia e si recava nella casa avvolta da un fazzoletto nero e in ore in cui veniva vista da pochi o nessuno. Aveva con sè una borsa dove riponeva gli arnesi del suo "mestiere": un piccolo giogo di buoi, simbolo di fertilità e morte-rinascita, che veniva piazzato sotto la testa del malato per aiutarlo nel cammino e un martelletto, come quello della foto, conservato nel museo di Luras, in Gallura.