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Lo psicoterapeuta virtuale : il web può combattere la depressione?

Nella nostra società il numero di persone che soffrono di ansia o depressione è in continuo aumento, e queste spesso necessitano per molti anni di una terapia farmacologica e/o di supporto psicologico.

In Gran Bretagna recentemente è stato aperto un sito web, Joyable, per offrire una terapia di supporto online che secondo alcuni potrebbe ridurre in parte il carico di lavoro che psicologi o psichiatri affrontano quotidianamente, affiancandosi al tradizionale supporto basato sul rapporto paziente-terapeuta. Secondo il Dott. S. Gilbody, dell’università di York, UK, vi è un evidente bisogno di nuove modalità terapeutiche che possono soddisfare le crescenti necessità di persone affette da depressione. Infatti è frequente riscontrare una eccessiva prescrizione di antidepressivi o individuare pazienti dove la psicoterapia risulta inadeguata. Nel 2013, il Servizio Sanitario Nazionale della Gran Bretagna ha approvato alcune app a sostegno di pazienti con disturbi mentali. Attualmente i siti come Joyable sono numerosi, sebbene non abbiano un riconoscimento ufficiale e a parere di alcuni ricercatori, i trattamenti online avranno un ruolo fondamentale per pazienti affetti da disturbi mentali.

Il governo inglese ha recentemente lanciato e appoggiato economicamente un programma di sviluppo nell’uso di nuove tecnologie nel Sistema Sanitario. (Living Health: Innovations that improve your health).

Tradizionalmente la terapia cognitiva comportamentale (CBT Cognitive behavioural therapy) è uno dei trattamenti più diffusi per alcuni disturbi come ansia e depressione. Il rapporto diretto con il terapista aiuta il paziente a modificare alcuni atteggiamenti mentali e comportamentali. L’obiettivo di questa nuova modalità terapeutica attraverso il computer (CCBT) è di ottenere risultati simili utilizzando messaggi virtuali al posto del rapporto diretto terapeuta-paziente. L’ipotesi della CCBT prevede di supportare attraverso le nuove tecnologie i pazienti che necessitano un supporto superando la tradizionale relazione terapeuta/paziente.

Secondo alcuni ricercatori questa modalità ha evidenti vantaggi :

  • I servizi online sono immediatamente disponibili, in Gran Bretagna il 50% delle persone che necessitano di un supporto per disturbi quali ansia o depressione, devono aspettare circa 3 mesi per la terapia, e circa uno su dieci può aspettare oltre un anno.
  • Persino i pazienti in terapia tradizionale, mostrano interesse per i programmi online perché in alcuni casi la terapia tradizionale obbliga ad assenze dal lavoro, a costi economici ed a costanti spostamenti.
  • Infine le terapie online sono normalmente utilizzate dalle persone che preferiscono avere un aiuto specifico rimanendo anonimi, per evitare la stigma di pazienti con “disturbi mentali”.

In breve la terapia basata sull’uso di siti online offre una maggiore flessibilità della terapia cognitiva-comportamentale tradizionale.

Nonostante le numerose critiche nei riguardi di questa nuova modalità, secondo alcuni studi recenti il supporto online ha dato risultati altrettanto buoni, se non migliori, rispetto alla terapia tradizionale. Non a caso il NICE (National Istitute For Health and Care Excellence) nelle sue recenti linee guida, ha negli ultimi tempi suggerito l’uso di queste app online. Il dott. Gilbody, con alcuni colleghi, ha messo in discussione l’efficacia di questa nuova modalità.  sottolineando che molte delle ricerche precedenti facevano riferimento ad un numero limitato di pazienti e non avevano ricevuto una valutazione indipendente.

A loro parere offrire a questa tipologia di pazienti un semplice software o un numero di telefono di riferimento, appare limitativo per il trattamento  di situazione complessa come la depressione.

Il Dott. Gilbody afferma che la CCBT può essere uno strumento temporaneamente utile per i pazienti in lista di attesa per una psicoterapia tradizionale. Nonostante questi pareri differenti alcuni pazienti si dichiarano soddisfatti di questa “psicoterapia virtuale” pur sottolineando l’importanza del fattore umano presente nella modalità tradizionale.

Nel 2014 Jame Druitt, dopo avere sofferto di depressione, ha attivato un network sociale: Talklife, per sostenere tutte le persone che come lui erano state colpite da depressione. Il sito nel giro di pochi mesi è diventato un punto di riferimento per migliaia di persone in tutto il mondo, attualmente conta 180.000 followers.

Lo scopo di Talklife è di offrire una terapia efficace per persone con disturbi di depressione ed ansia che sono alla ricerca di un “luogo virtuale” per potersi aprire al mondo. Talklife, ha offerto a queste persone, colpite da depressione,di condividere la storia con altri, e alcuni di questi, nel giro di qualche settimana sono diventati supporter di altri followers. L’attività di Talklife permette di raccogliere una serie infinita di dati significativi dal punto di vista sanitario. Non a caso alcuni ricercatori del Massachussets Institute of Tecnology ( Dott. Karthik Dinakar) insieme alla Harvard University (Dott. Matthew Nock) stanno studiando l’enorme quantità di dati ricavati da alcuni network sociali. Come è avvenuto per Facebook e Twitter, questi ricercatori utilizzando degli algoritmi di analisi del linguaggio valutano le abitudini, i racconti, le letture e le differenti attività di svago che le persone descrivono sui due social network. L’obiettivo dello studio sui dati raccolti da Talklife è di approfondire lo “stato di benessere mentale” delle persone che scrivono sul sito per individuare alcuni stili di vita che possono risultare indicatori di futuri comportamenti patologici. Infine un altro ricercatore del Microsoft Research a Washington, il Dott. Counts, ha utilizzato algoritmi simili per studiare la depressione post-partum. Da alcune valutazioni effettuate su Facebook e Twitter, studiando il linguaggio utilizzato sui social network dalle donne prima e dopo il parto, ha ricavato alcuni indicatori che potrebbero caratterizzare le donne a rischio di depressione post-partum.

Tra questi indicatori ci sono il numero di amici o followers sui due network, il numero di domande poste, il tipo di vocabolario utilizzato, l’uso dei pronomi personali, tutti elementi che possono aiutare a delineare una paziente a rischio. Attraverso gli algoritmi di analisi del linguaggio è possibile ricavare informazioni più significative rispetto ai dati ricavati da semplici questionari standard utilizzati per la valutazione delle persone nelle differenti situazioni di studio. Nel tradizionale rapporto paziente/psicoterapeuta l’interazione rimane limitata a due soli attori, mentre il racconto della propria vita online permette di condividerlo con altre persone che hanno vissuto esperienze simili, con un indubbio valore terapeutico.

Il suggerimento dato dal Sistema Sanitario della Gran Bretagna all’utilizzo di queste app per il supporto a pazienti con disturbi di ansia e depressione ha scatenato critiche soprattutto nell’ambiente medico. Un atteggiamento di resistenza e/o rifiuto di nuovi strumenti terapeutici è sempre stato presente in ambito sanitario nei riguardi di modalità assistenziali non tradizionali. Negli ultimi anni il ricorso alla tecnologia ha messo in discussione numerose “certezze” ed in particolare si sta modificando il tradizionale rapporto medico/paziente.

Secondo il dottor Caunts esistono molte di queste app in campo sanitario (controllo per la glicemia, la pressione, ECG, l’attività fisica ecc. ) utilizzate da migliaia di persone, alle quale verranno aggiunte anche app che possono monitorare le abitudini di vita, lo stato dell’umore, eventuali disturbi comportamentali. Attualmente esistono strumenti di registrazione per quanto riguarda il nostro stato di salute fisica ( fitness), perché non dovremmo utilizzare anche le App per monitorare anche lo stato di salute mentale?

Siti di riferimento:

http://talklife.com.au/

https://www.nice.org.uk/

https://www.webicina.com/

http://www.ccbt.co.uk/

https://joyable.com/

https://www.newscientist.com/round-up/living-health/

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