Una paziente di oltre 80 anni, con una diagnosi di mieloma, aveva trascorso gli ultimi sette anni nel tentativo di combattere questa malattia con differenti cicli di chemio e radioterapia. Grazie a questo trattamento, la paziente aveva superato di gran lunga le aspettative di sopravvivenza, data l'età ed il tipo diagnosi. Ora nonostante le battaglie combattute, il mieloma sembrava aver vinto e rimanevano scarse possibilità per la paziente di poter vivere a lungo.
Circa sette mesi prima, la paziente dopo un crollo di due vertebre cervicali era stata sottoposta ad un intervento ortopedico di stabilizzazione vertebrale. Dopo questa operazione le cose non erano andate molto bene in quanto era comparsa un'insufficienza renale con un'infezione della ferita chirurgica ed una grave emorragia gastrointestinale dovuta ad una colite Ischemica. La sua ferita presentava ancora del pus e nel periodo successivo alla chirurgia ortopedica, la paziente era passata da una reparto di rianimazione a un reparto di chirurgia senza mai poter essere dimessa. Alla fine era arrivata nella nostra corsia di rianimazione. Al momento del ricovero la paziente presentava febbre alta, uno stato delirante e ed una grave ipotensione arteriosa. In seguito all'insufficienza renale la paziente presentava un quadro di edema generalizzato, per tale motivo fu iniziata una terapia con diuretici, con somministrazione di una terapia antibiotica ad ampio spettro e farmaci vaso pressori allo scopo di combattere l’ ipotensione e la sepsi. Nel giro di 48 ore la paziente migliorò, la febbre scomparve e ritornò lucida. Nonostante i miglioramenti, la malata riferì di stare bene soltanto in una particolare posizione che le permetteva di non aver dolori, e comunque non fu possibile convincerla a mangiare regolarmente per il rifiuto della stessa. Sino ad ora nonostante la insufficienza renale, non eravamo ricorsi ad una emodialisi , ma avevamo avvertito la paziente che in futuro le sarebbe stata necessaria . Quella mattina, dal momento che la paziente era lucida e orientata, ci fermammo più a lungo a parlare accanto a suo letto, in modo da spiegarle la situazione e per prepararla a un eventuale nuovo ciclo di chemioterapia per combattere il mieloma. A quel punto la paziente si rivolse direttamente al primario e gli disse con molta chiarezza "Caro dottore conosco perfettamente la mia situazione e Io vorrei non effettuare più nessuna terapia attiva ".Per molti medici non è insolito dover affrontare casi clinici in cui diventa necessario dover convocare i familiari della paziente per un meeting a letto del malato. In questa riunione organizzata il giorno seguente, la paziente fu informata sull'esistenza di un ulteriore linea di terapia per il mieloma, ma che comunque la possibilità di avere una sopravvivenza superiore a 12 mesi sembrava molto difficile e sicuramente senza lasciare un reparto di ospedale oltre alla necessità dell’emodialisi. La figlia, scelta dall'intera famiglia come caregiver, aveva manifestato la sua intenzione di mantenere l'armonia all'interno di tutto il nucleo familiare, cercando quindi di rispettare le esigenze di ogni singolo membro. Il meeting familiare avvenne in presenza dei medici curanti, in particolare con l'oncologo ed il nefrologo, per spiegare alla paziente il percorso terapeutico, le eventuali complicazioni o comunque gli effetti collaterali, senza comunque poterle promettere una guarigione dalla malattia o comunque una lunga sopravvivenza. La paziente alla fine del meeting confermò di aver raggiunto il limite di sopportazione per la sua situazione ed espresse il desiderio di volere evitare ulteriori terapie. A quel punto i familiari decisero di voler rimanere da soli con la malata, senza la presenza dei medici. Dopo 45 minuti il figlio, uscendo dalla camera, ci chiese di fare il possibile per continuare le terapie attive per la madre e non volle discutere in nessun modo questa decisione. Il giorno dopo rivisitammo la paziente, che non fù di molte parole, facendoci capire che lei stessa aveva deciso di aderire al desiderio del figlio, nonostante le sue volontà fossero differenti. Nelle 48 ore successive la malata fu trasferita nel reparto di oncologia e gli fu inserito un catetere per la dialisi. Noi medici ci sentimmo sconfitti, in quanto nessuno di noi, nemmeno il medico di famiglia, era stato capace di intercedere presso i familiari ed in particolare con il figlio per comprendere se queste erano le reali disposizioni della paziente per cercare di farle rispettare. La figlia ci confermò, chenonostante l'accordo con il padre, marito della paziente, e con gli altri familiari il figlio si era imposto e loro avevano convinto la madre ad accettare questa decisione, anche se non ne erano soddisfatti. Questa situazione, è molto spesso presente nei reparti di rianimazione o comunque nei dipartimenti dove ci sono pazienti con malattie avanzate o terminali. In altre parole ci si trova ad affrontare in questi casi il problema etico ed umano che colpisce un gruppo di familiari che di fronte al dolore di perdere una persona amata, tendono a scegliere in base alla loro sofferenza, non riuscendo a rispettare frequentemente il diritto del malato stesso a poter scegliere della propria vita. La situazione presentata in questo caso clinico evidenzia la necessità di discutere da un punto di vista etico e legale il diritto di una persona a poter scegliere della propria vita in presenza anche dei suoi familiari o di qualsiasi persona legata affettivamente al malato, cercando di rispettare le esigenze di ognuno. In particolare nei servizi di assistenza domiciliare, a differenza di quanto avviene in ospedale, la famiglia è necessariamente coinvolta come entità totale per discutere le scelte terapeutiche possibili compresa anche l'interruzione del trattamento. Ma tutto non è così semplice, in quanto nella società moderna la maggior parte delle persone non è più abituata a vivere vicino o ad assistere una persona sofferente, e nel momento in cui si trova ad affrontare una situazione simile le risposte possono essere tra le più varie. Di fronte all'eventuale perdita di una persona amata, la sofferenza personale può portare ad atteggiamenti contrastanti che passano paradossalmente dalla richiesta di eutanasia, per porre fine il prima possibile a questo percorso doloroso, sino all'accanimento terapeutico sperando così di rimandare il più possibile il momento della perdita. Ma non sempre dietro queste decisioni c'è una reale riflessione su quale siano le reali esigenze del malato che dovrebbe essere l'ultimo a dover decidere della propria vita. Questo particolare caso clinico, evidenzia le scelte terapeutiche spesso difficili a cui saranno sottoposti i medici nei prossimi anni considerato l'invecchiamento della popolazione in tutto il mondo. Nel caso clinico in questione, la paziente lasciò il reparto di rianimazione per essere ricoverata negli ultimi tre mesi di vita in vari differenti corsie, continuando le terapie richieste dal figlio e morì senza che i medici siano riusciti realmente a rispettare il diritto della singola persona.
The New York Times Di Paula Span 22 gennaio 2021
Sempre più americani in questi mesi stanno scrivendo le loro direttive di fine vita poiché la pandemia rende queste decisioni meno ipotetiche e molto correlate alla realtà.
Ma i medici ci ascoltano veramente?
Le disposizioni anticipate di trattamento, comunemente definite testamento biologico o biotestamento, rappresentano la volontà della persona in materia di trattamenti sanitari.
Seconda parte
La bioetica e un settore che si è sviluppato in risposta alle preoccupazioni sul potere del medico: qualcuno che è formato in modo univoco per guarire è anche strutturato in modo univoco per danneggiare. Gli scritti sugli obblighi morali della pratica medica risalgono a migliaia di anni fa, ma fino al 20 ° secolo c'era, in generale, la fiducia che i medici fossero attori morali affidabili - inoltre, la forza del medico era naturalmente frenata dai limiti della tecnologia medica. Ma l'ondata di progressi scientifici nel XX secolo ha offerto a medici e scienziati nuove straordinarie capacità: coltivare la vita umana in un laboratorio; sostenere artificialmente la vita dopo la morte cerebrale; manipolare la genetica. Quel secolo fu anche testimone di una serie di atrocità contro i diritti umani commesse da medici e scienziati: i tortuosi esperimenti medici a cui i medici tedeschi sottoposero i prigionieri durante l'Olocausto; gli esperimenti sulle radiazioni condotti su donne incinte e bambini dopo la seconda guerra mondiale; gli esperimenti sulla sifilide di Tuskegee.
The Atlantic Questo articolo è stato pubblicato online l'8 dicembre 2020. di Jordan Kisner
Ci sono momenti nella vita delle persone dove la gravità della situazione ci obbliga a scelte necessarie dove spesso non esistono regole scritte e dove le considerazioni morali spesso vengono travolte dalla situazione di crisi. La pandemia da Covid-19 ricorda una di queste situazioni e ci mette di fronte a scelte morali assolutamente insolite e spesso comporta conseguenze psicologiche traumatiche. Questo articolo racconta l'esperienza a New York e ricorda molte delle situazionii che abbiamo vissuto in Italia nei primi mesi del 2020 soprattutto nel Nord del nostro Paese.
Prima parte
La maggior parte delle persone nel mondo non ha ancora raggiunto alcun livello di immunità al virus covid-19. Ma c'è un rischio crescente che alcuni di noi stiano diventando psicologicamente immuni dagli enormi effetti che questa pandemia sta evidenziando su base settimanale.
Ormai tutti parlano dei possibili futuri vaccini, ma il problema è molto più complesso di quanto sembri a prima vista ed in questo articolo uscito a cura di Graham Lawton sul new Scientist del 15-08-2020 si cerca di affrontare la varie problematiche sino ad ora individuate.
L’11 luglio del 2019, Vincent Lambert è morto. Questo articolo, evidentemente antecedente alla sua morte, mette in evidenza degli aspetti relativi alle scelte di fine vita che vale la pena conoscere.
Clare Wilson
Make a living will if you want to decide how your life will end
New Scientist 13/07/2019
Fai un testamento se vuoi decidere come finirà la tua vita.
Quando leggerete questo, Vincent Lambert potrebbe essere morto. È rimasto in stato vegetativo dopo un incidente automobilistico nel 2008. In una condizione che è una zona d’ombra tra la vita e la morte, da quel giorno non è mai stato in grado di parlare, mangiare o interagire in modo significativo con il mondo circostante. La scorsa settimana, i medici di Reims, in Francia, hanno iniziato a rimuovere il suo sostegno vitale in seguito a una sentenza della Corte di Cassazione, la più alta corte d'appello della Francia.
IL RIFIUTO
Lo studente di medicina osservava con attenzione. In un reparto ospedaliero sovraffollato il tempo è poco e l’insegnamento dei giovani medici carente. Tra l’esame di un linfonodo, e un fegato ingrossato, si spera sempre di trovare il tempo di insegnare ciò che serve per essere un
buon medico. Cercavo di mostrargli velocemente alcuni aspetti essenziali della nostra professione, mentre tentavo di convincere i pazienti di sottoporsi alla chemioterapia; quindi presi una nuova cartella, di una paziente che era stata inserita d’urgenza in seguito alla richiesta del suo medico. La presentai allo studente di medicina, che rispettosamente la osservò da dietro il letto.
Le Direttive Anticipate o il Testamento Biologico rappresentano un argomento di dibattito e talvolta di confronto acceso in molti paesi ove non esiste una legislazione definita. Conoscere brevemente la situazione presente in differenti paesi può aiutare a comprendere meglio le problematiche presenti nel nostro paese.
Con questo articolo vorremmo iniziare una serie di pubblicazioni per quanto riguarda le problematiche di fine vita viste da un punto di vista medico, sociale, culturale e religioso. Questo ci sembra l'unico modo per informare ed educare le persone nei riguardi di un problema etico che necessariamente interessa qualsiasi individuo a prescindere da fattori religiosi culturali e politici. Altri articoli li troverete nella sezione bioetica e medicina.